CONDOMINIO – Impianto idrico condominiale: proprietà comune o esclusiva delle tubazioni

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Impianto idrico condominiale: proprietà comune o esclusiva delle tubazioni
Lo scorso dicembre è passato sotto silenzio il decennale dalla promulgazione della riforma del condominio (la l. 220/12, che venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17.12.12); forse avremo maggiori celebrazioni il prossimo giugno, quando saranno dieci anni dalla sua entrata in vigore (avvenuta il 18.6.131).
Sarebbe tempo di bilanci.
La riforma del 2012, come si sa, se da un lato ha caricato di compiti, obblighi e responsabilità gli amministratori, dall’altro ha posto le basi dell’evoluzione del loro incarico in una professione autonoma di primario livello, che ha poco da invidiare a quelle organizzate in ordini o collegi, anzi.
Sul resto della disciplina, molte modifiche sono state un mero recepimento di interpretazioni giurisprudenziali comunque pacifiche; alcune modifiche si sono rivelate nella pratica positive, altre meno, lasciando più incertezze di prima.
Sulla individuazione delle parti comuni, e sulla distinzione dalle parti esclusive, a ben vedere ci sono molte più ombre che luci.
E questo vale anche per l’impianto idrico condominiale, con problemi allorquando vi si deve mettere mano per le manutenzioni, e soprattutto in punto responsabilità quando si verificano guasti.
E’ un classico: infiltrazioni rovinano i soffitti di una unità, il cui proprietario si duole anzitutto con l’amministratore, e poi con il proprietario della unità posta al di sopra di quella.
E la domanda è sempre quella: il tubo che perde è condominiale o è esclusivo ?
La risposta spesso non è scontata.
Una vecchia regola, con fondo di verità anche se troppo semplicistica, diceva: condutture verticali = condominiali / condutture orizzontali = esclusive.
Presupponeva all’evidenza, sul concetto di condominio, la classica tipologia del fabbricato a sviluppo verticale, composto da più piani.
Il testo vigente dell’art. 1117 codice civile, come sappiamo, ora non fa più riferimento a piani e porzioni di piani, bensì a singole unità immobiliari (e quindi senza dubbio devono ritenersi ricomprese nel concetto di condominio anche tipologie a sviluppo orizzontale); e l’art. 1117-bis codice civile ha esteso l’applicazione delle disposizioni dettate per il condominio, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117 stesso.
D’altra parte la riforma del 2012, oltre ai cambiamenti sopra ricordati (rilevantissimi anche a livello sistemico), è intervenuta pure nell’elencazione delle parti comuni, con piccole modifiche.
Nell’elenco dell’art. 1117 codice civile tra le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune troviamo menzionati, nel testo vigente, come esempi, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo.
Con la precisazione che sono comuni anche i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
La modifica è ben comprensibile laddove menziona, oltre a acqua, gas, energia elettrica e riscaldamento anche il condizionamento dell’aria e la ricezione radiotelevisiva e di flussi informativi e dati in genere, trattandosi di un aggiornamento agli standard attuali (essendo diventata comune, in particolare, la dotazione di impianti di climatizzazione che oltre a riscaldare anche raffrescano).
Invece è molto meno comprensibile laddove menziona anche impianti unitari.
Cosa vuol dire, per un impianto in condominio, l’essere unitario ?
Aprendo il vocabolario, l’aggettivo unitario può significare (citiamo da Treccani) che è costituito da una singola unità, o riguarda l’unità, o ha valore di unità.
E resta il dubbio.
Anche perchè, nella terminologia condominiale, tradizionalmente si distinguono e contrappongono, semmmai, gli impianti centralizzati (come quando il riscaldamento è prodotto da una unica caldaia, di proprietà comune) e gli impianti autonomi (come quando il riscaldamento è prodotto da tante caldaie, di proprietà esclusiva).
Tornando alla norma che stiamo esaminando, impianti unitari pare richiamare impianti autonomi con sistemi di allaccio ad utenze che si trovano in parti comuni, e anche, per alcuni, impianti centralizzati dotati di sistemi di contabilizzazione individuale.
La distinzione ha la sua rilevanza.
Infatti:
– se gli impianti vanno considerati siccome unitari, i collegamenti sono di proprietà comune fino al punto di utenza;
– se gli impianti vanno considerati siccome non unitari, i collegamenti sono di proprietà comune fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini.
E qui subentrano, invero, ancor maggiori incertezze.
Sia il punto di utenza (rilevante per gli impianti unitari) che il punto di diramazione ai locali individuali (rilevante per gli impianti non unitari) sono infatti concetti solo all’apparenza precisi.
Il punto di utenza, se pensiamo in particolare agli allacciamenti individuali di acqua (analogamente a quelli di energia o gas), si suole individuare in corrispondenza dei singoli contatori installati dal fornitore del servizio.
Per il punto di diramazione, con riguardo in generale, facendosi questione di impianto idrico, a tubi di adduzione e condotte di scarico, si suole distinguere, come appunto all’inizio si ricordava, tra elementi verticali (la cosiddetta colonna) e elementi orizzontali (la cosiddetta braga); e si suole ritenere, come sempre all’inizio si ricordava, che i primi siano comuni, mentre i secondi siano individuali.
Vi è da dire, però, che la giurisprudenza di legittimità ha dimostrato diversi orientamenti interpretativi.
Una pronuncia che ebbe molta eco (anche perchè, come si insegna nelle scuole di giornalismo, non fa notizia un cane che morde un uomo, ma un uomo che morde un cane) ebbe a considerare di proprietà condominiale, in quanto parte integrante della colonna, verticale, una braga, orizzontale, che fungeva da raccordo con condutture individuali (si tratta di Cassazione Civile sez. II, 19/01/2012, n. 778).
Altra pronuncia più recente ha respinto tale interpretazione, ribadendo essere punto di diramazione l’innesto della braga appunto nella colonna (si tratta di Cassazione Civile sez. II, 17/01/2018, n. 1027).
A ben vedere, si riscontrano, di fondo due impostazioni diverse, quanto alla individuazione del punto di diramazione, perchè (come dà conto Cassazione Civile sez. II, 26/10/2018, n. 27248) un orientamento considera rilevante solo la destinazione (arrivando ad ammettere che possano essere comuni anche tubi interni ad unità individuali), altro considera rilevante anche l’ubicazione (escludendo dunque che possano essere comuni anche tubi interni ad unità individuali).
Insomma: la proprietà comune o esclusiva delle tubazioni dell’impianto idrico condominiale è questione meno pacifica di quanto sembri.
E la riforma del 2012 ha perso l’occasione di fare chiarezza al riguardo.
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1 la legge 220/2012 prevedeva, all’art. 32, che le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima nella Gazzetta Ufficiale.