CONDOMINIO – Cassazione Civile sez. II, 23.1.2023 n. 1896 e Cassazione civile sez. II, 30.1.2023 n. 2712 – Le tabelle millesimali contrattuali
La Corte di Cassazione affronta il tema delle tabelle millesimali in due pronunce che, si deve precisare, hanno per oggetto fattispecie concrete a cui erano applicabili, ratione temporis, gli artt. 68-69 dis. att. cod. civ. nel testo originario, anteriore cioè alla riforma di cui alla l. 220/2012.
Ricordiamo, per comodità:
art. 68 disp. att. cod. civ. testo originario | art. 68 disp. att. cod. civ. testo attuale |
Per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini. | Ove non precisato dal titolo ai sensi dell’articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. |
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. | Nell’accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare. |
Nell’accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano |
art. 69 disp. att. cod. civ. testo originario | art. 69 disp. att. cod. civ. testo attuale |
I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di bassa portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o przioni di piano. |
I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione. |
Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. | |
Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali. |
Merita segnalazione quanto affermato sul concetto di tabella millesimale contrattuale:
– la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estende automaticamente alle tabelle millesimali, le cui finalità è quella di tradurre la proprietà in frazioni millesimali
– non basta il fatto della approvazione della tabella, anche se è avvenuto in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini): può ben darsi infatti che ciò nonostante i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi), non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima) e in tal caso la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale;
– occorre invece che i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto nell’art. 1118 c.c. e art. 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, u.p.: solo in tal caso invero la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo.
Si segnala altresì la riaffermazione del principio della portata non retroattiva della pronuncia di formazione o di revisione giudiziale delle tabelle millesimali, il quale comporta che non possa affatto affermarsi l’invalidità di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore, il che provocherebbe, altrimenti, pretese restitutorie correlate alle ripartizioni delle spese medio tempore operate, in applicazione della cosiddetta “teoria del saldo”.
A tale riguardo, vengono richiamati alcuni precedenti: merita ricordare in particolare Cassazione civile sez. II, 24/02/2017, n. 4844, in cui si osserva però anche che se è vero che non è possibile applicare retroattivamente l’efficacia di una sentenza di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall’art. 69 disp. att. c.c. (per il principio della natura costitutiva della stessa), è altrettanto vero che a tale evenienza è ben possibile rimediare con altri strumenti che l’ordinamento appresta ed in particolare con quello dell’indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. (v. in proposito Sez. 3, Sentenza n. 5690 del 10/03/2011 Rv. 616229 proprio in materia di condominio); si noti che tale pronuncia nega espressamente l’opinione, pure molto diffusa, per cui esisterebbe una sorta di connubio indissolubile tra l’obbligo di contribuire alle spese comuni secondo le previsioni delle tabelle millesimali e l’esercizio del diritto di voto, e ciò per il motivo che, come più volte affermato in giurisprudenza (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 3944 del 18/03/2002 Rv. 553129; Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003 Rv. 559834) il legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 cod. civ.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio).
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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1896 Anno 2023
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: TRAPUZZANO CESARE
Data pubblicazione: 23/1/2023
(omissis)
FATTI DI CAUSA
1.- Con ricorso depositato il 3 giugno 2009 (e notificato il 25 giugno 2009 al Condominio e a tutti i condomini), G*R* e B*L* adivano il Tribunale di Lodi, ai sensi dell’art. 1137 c.c., al fine di sentire dichiarare la nullità o pronunciare l’annullamento della Delib. assunta dall’assemblea del Condominio *, tenutasi il 9 marzo 2009, con cui erano state adottate nuove tabelle millesimali, sul presupposto contestato della realizzazione, sugli immobili di alcuni dei condomini – tra cui i ricorrenti -, di lavori di ristrutturazione, con conseguenti notevoli modifiche apportate, sia per consistenza, sia per valore e destinazione d’uso.
Al riguardo, i ricorrenti deducevano: che avevano acquistato in data 25 settembre 1975 la porzione di 13 vani posta al secondo piano del Condominio *; che, successivamente ai lavori eseguiti da alcuni condomini, l’assemblea aveva conferito incarico ad un ingegnere per redigere una nuova tabella millesimale, tenendo conto dell’effettiva consistenza relativa alla destinazione delle unità immobiliari adibite ad abitazioni, negozi e uffici; che, con raccomandata del 25 febbraio 2009, l’amministratore del Condominio aveva convocato l’assemblea straordinaria, al fine di deliberare sull’approvazione delle tabelle millesimali; che detta assemblea, riunita in seconda convocazione il 9 marzo 2009, alla quale gli istanti non avevano partecipato, aveva approvato le tabelle, all’unanimità dei presenti (8 condomini su 13) e per un valore di 757,300 millesimi, in sostituzione di quelle in vigore dal 1975; che l’approvazione era avvenuta senza il consenso di tutti i condomini e comunque all’esito di errori commessi dal tecnico incaricato.
Si costituiva in giudizio L*, proprietario di alcuni locali al piano terra, il quale resisteva alla domanda avversaria e, in via riconvenzionale, chiedeva che, ove fosse stata accolta la domanda principale, fossero adottate nuove tabelle millesimali, alla luce dei mutamenti della consistenza dell’intero fabbricato e della destinazione delle singole abitazioni, intervenuti dal 1952 sino all’attualità.
Proponevano domanda riconvenzionale subordinata dello stesso tenore anche i condomini R*G*, + Altri *.
Si costituiva in giudizio, altresì, il Condominio *, il quale contestava la domanda di nullità o annullamento proposta dai ricorrenti, sostenendo che le tabelle accettate dagli istanti, all’atto del loro acquisto, nel settembre 1975, pacificamente applicate dal Condominio per oltre trent’anni, avevano natura deliberativa e non contrattuale, essendo state approvate in data 11 aprile 1975, a maggioranza dell’assemblea. Chiedeva, dunque, il rigetto delle domande avversarie.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1027/2012, depositata il 4 dicembre 2012, annullava la Delib. assunta il 9 marzo 2009 dall’assemblea condominiale, in ragione degli errori riscontrati nella redazione delle tabelle approvate, con l’obbligo di restituzione, a cura del Condominio, delle somme indebitamente versate dai ricorrenti, e – in accoglimento delle spiegate riconvenzionali subordinate – disponeva la revisione delle tabelle millesimali, secondo lo schema delineato nell’allegato 2 dell’elaborato peritale.
2.- Con citazione del 18 aprile 2013, proponevano appello G*R* e B*L*, insistendo nella dichiarazione di validità ed efficacia delle tabelle in uso sin dall’anno 1975, con la conferma dei millesimi di proprietà spettanti agli appellanti nella misura indicata in detta tabella, allegata al riparto consuntivo spese dell’anno 2008.
Spiegavano appello incidentale anche L* e il Condominio *, chiedendo che fosse disattesa la domanda di annullamento della Delib. 9 marzo 2009, con il conseguente ripristino delle tabelle in tale sede approvate.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale nonché gli appelli incidentali e compensava interamente tra le parti le spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale sosteneva, per quanto interessa in questa sede: a) che anche gli originari ricorrenti non avevano negato di avere eseguito, all’interno della loro proprietà, dopo l’adozione delle tabelle millesimali – a cura dell’assemblea condominiale – nell’anno 1975, lavori che avevano portato a notevoli modifiche delle unità immobiliari a loro disposizione; b) che essi avevano altresì realizzato un nuovo scalone per unire l’appartamento già destinato ad abitazione con il solaio posto nel sottotetto, al fine di creare un unico, ben più ampio appartamento, posto su due piani connessi tra loro e destinati ad ufficio, con conseguente incremento, non solo della fruibilità dei locali, ma anche del valore dell’immobile così ottenuto, specie per la zona sottotetto, per la quale, nell’elaborazione delle tabelle millesimali dell’anno 1975, erano state applicate sensibili riduzioni, in virtù della situazione di degrado e precarietà in cui all’epoca si trovavano; c) che le nuove tabelle approvate nell’assemblea del 9 marzo 2009 – pur rispettando le maggioranze prescritte – erano risultate errate, con la conseguente necessità della loro sostituzione con quelle elaborate dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio di primo grado; d) che i valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano potevano essere riveduti e modificati anche nell’interesse di un solo condomino, nel caso in cui – per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazioni di nuovi piani, di espropriazioni parziali o di innovazioni di vasta portata – fosse stato notevolmente alterato il rapporto originario di valore dei singoli piani o porzioni di piano; e) che, in proposito, rilevavano le modifiche intervenute negli anni 1977-1978 nella proprietà G.- B., aventi per oggetto la parziale modifica del sottotetto del fabbricato, e consistendo le opere eseguite nella parziale trasformazione del sottotetto da abitazione in ufficio, con la contestuale annessione anche di parte delle superfici comuni (disimpegni, legnaia, soffitte, ecc.) nella superficie destinata ad ufficio e con la realizzazione del prolungamento dello scalone principale dal primo al secondo piano, utilizzando parte del sottotetto, allo scopo di consentire l’accesso alla porzione ristrutturata destinata ad uso ufficio, mentre in precedenza l’accesso a tutto il piano sottotetto avveniva unicamente dal vano scala 2; f) che tali interventi avevano conseguentemente determinato una notevole alterazione della consistenza e del valore degli immobili di loro proprietà; g) che anche negli immobili di proprietà dell’impresa L*, nell’anno 2004, erano stati effettuati interventi rilevanti – che giustificavano la modifica delle tabelle millesimali – e, in particolare, era stato realizzato, nei locali al piano terra già destinati ad abitazione, un collegamento funzionale ad altro confinante fabbricato della stessa proprietà, con la possibilità di accesso a dette due unità immobiliari attraverso il cortile e l’androne comune condominiali; h) che la revisione delle tabelle aveva riguardo all’attuale consistenza, destinazione e stato di diritto delle varie unità immobiliari, considerando altresì le superfici commerciali delle varie unità e avendo altresì riferimento ai coefficienti correttivi di destinazione, di piano, di prospetto ed affaccio, di luminosità, areazione e volumetria.
3.- Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, G*R* e B*L* Hanno resistito con separati controricorsi L* e il Condominio *. Sono rimasti intimati R*G* + Altri *.
4.- I ricorrenti e il Condominio controricorrente hanno presentato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- In primis, deve essere dichiarata l’inammissibilità della costituzione di nuovo difensore del controricorrente L*, in persona del suo omonimo titolare, di cui alla procura su foglio separato autenticata dal nuovo legale, allegata alla memoria illustrativa depositata il 16 novembre 2022 (e conseguentemente della stessa memoria illustrativa da questi depositata, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.).
Infatti, nel giudizio di cassazione – diversamente rispetto a quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito – la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83 c.p.c., comma 3, nella versione ratione temporis vigente, nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal citato art. 83, comma 2 cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore nominato con il ricorso (o controricorso), non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso (o controricorso) e non soggetto agli eventi di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., il deposito di un atto redatto dal nuovo difensore, su cui possa essere apposta la procura speciale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 16962 del 27/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 4337 del 23/02/2010; Sez. 3, Sentenza n. 13086 del 05/06/2007).
Segnatamente, per i giudizi introdotti prima del 4 luglio 2009, tra cui rientra quello di specie, instaurato, in primo grado, con ricorso depositato il 3 giugno 2009, non opera la novella di cui alla L. 18 giugno 2009, art. 45 – che ha, tra l’altro, modificato l’art. 83 c.p.c., comma 3, estendendo le ipotesi in cui può essere rilasciata la procura a margine o in calce anche alla memoria di nomina di nuovo difensore -, ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 58 della citata legge.
Per l’effetto, sopravvive la nomina dell’originario difensore.
1.1.- Quindi, deve essere dichiarata l’inammissibilità del documento (sentenza n. 359/2020 del Tribunale di Lodi, depositata il 6 agosto 2020, con attestazione del passaggio in giudicato), allegato alla memoria illustrativa depositata dai ricorrenti, atteso che non si ricade in una delle tassative ipotesi in cui l’art. 372 c.p.c. ammette la produzione di documenti in sede di legittimità. Ne’ si tratta di pronuncia che spiega effetti di giudicato direttamente nel presente giudizio, attesa l’autonomia del petitum e della causa petendi relativi alla causa definita con tale pronuncia (e senza che si profili un nesso di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico).
1.2.- Sempre in via preliminare, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso nel suo complesso, sollevata dal Condominio, in quanto l’atto introduttivo rispetta il requisito dell’autosufficienza e non mira ad ottenere una decisione di merito sostitutiva di quella adottata dalla Corte territoriale.
2.- Tanto premesso, con il primo motivo dedotto i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento di primo grado, della sentenza di primo grado, del giudizio d’appello e della sentenza d’appello, per violazione dell’art. 102 c.p.c., per avere la Corte di merito omesso di notificare ai condomini contumaci le domande riconvenzionali di revisione delle tabelle millesimali.
Secondo l’assunto degli istanti, a fronte della proposizione di una domanda di revisione delle tabelle millesimali, tutti i condomini sarebbero stati litisconsorti necessari, nella fattispecie pretermessi.
2.1.- La doglianza è infondata.
Infatti, la legittimazione passiva rispetto alla domanda, proposta in un giudizio pendente anteriormente alla L. n. 220 del 2012, volta alla determinazione o, come nella specie, alla revisione, ex art. 69 disp. att. c.c., della tabella millesimale, in applicazione aritmetica dei criteri legali, spetta all’amministratore, senza alcuna necessità di litisconsorzio tra tutti i condomini, trattandosi di controversia rientrante tra le attribuzioni allo stesso riconosciute dall’art. 1130 c.c. e nei correlati poteri rappresentativi processuali (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2635 del 04/02/2021).
Dunque, all’esito dell’affermazione del fondamento assembleare (deliberativo), e non già unanimistico (convenzionale), dell’approvazione delle tabelle, non può sussistere alcuna limitazione in relazione alla legittimazione, dal lato passivo, dell’amministratore per qualsiasi azione, ai sensi dell’art. 1131 c.c., comma 2, diretta alla determinazione giudiziale o alla revisione di una tabella millesimale che consenta la distribuzione proporzionale delle spese in applicazione aritmetica dei criteri legali.
Tali risultano, nella specie, le domande riconvenzionali proposte da L* e da R.G., + Altri *, i quali hanno assunto l’erroneità delle tabelle millesimali vigenti (quelle del 1975, all’esito dell’annullamento delle tabelle millesimali approvate nell’assemblea del 9 marzo 2009), in relazione ai valori proporzionali delle loro unità immobiliari.
Si tratta, appunto, di controversia rientrante tra le attribuzioni dell’amministratore stabilite dall’art. 1130 c.c. e nei correlati poteri rappresentativi processuali dello stesso, senza alcuna necessità del litisconsorzio di tutti i condomini.
Riconosciuta, nella sostanza, la competenza gestoria dell’assemblea in ordine all’approvazione e alla revisione delle tabelle millesimali, non vi può essere ostacolo nel ravvisare altresì la rappresentanza giudiziale dell’amministratore, come del resto desumibile dall’art. 69 disp. att. c.c., già richiamato comma 2 nella riformulazione conseguente alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, nella specie non applicabile ratione temporis (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6735 del 10/03/2020; Sez. 2, Sentenza n. 19651 del 04/08/2017).
Tali conseguenze di ordine processuale sono, a ben vedere, il precipitato dell’approdo giurisprudenziale secondo cui l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo, a tal fine, sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 30392 del 21/11/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 27159 del 25/10/2018; Sez. U, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010).
3.- Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 105 c.p.c., per avere la Corte distrettuale omesso di rilevare la carenza di legittimazione e di interesse ad agire – da parte di BE.Fr. e degli eredi R. -, in ordine allo svolgimento delle domande riconvenzionali dirette ad ottenere la formazione di nuove tabelle millesimali, con conseguente inammissibilità di dette domande riconvenzionali.
Secondo i ricorrenti, unico legittimato a stare in giudizio sarebbe stato l’amministratore del Condominio e conseguentemente solo quest’ultimo avrebbe potuto proporre nuove domande.
In ogni caso, i condomini indicati non avrebbero avuto concreto interesse ad agire, non avendo impugnato la Delib. condominiale di approvazione delle tabelle del 9 marzo 2009 ed avendo prestato acquiescenza alla stessa, sicché non avrebbero potuto essere considerati portatori di interessi qualificati differenti o ulteriori rispetto a quelli coltivati dal Condominio, il quale non ha spiegato alcuna domanda riconvenzionale.
3.1.- La censura è priva di fondamento.
La legittimazione attiva a spiegare la riconvenzionale di revisione delle tabelle millesimali spetta ai singoli condomini e non già al solo contraddittore necessario (ossia all’amministratore del Condominio).
Ne’ la proposizione di tali domande esigeva la previa impugnativa della Delib. 9 marzo 2009 di approvazione delle tabelle. Tanto più che le domande riconvenzionali di revisione sono state avanzate subordinatamente al fatto che il Giudice avesse accolto la domanda principale di impugnazione di tale ultima Delib..
Peraltro, la censura si articola supponendo che l’eventuale accoglimento della domanda di revisione delle tabelle millesimali non potrebbe non comportare l’invalidità della precedente Delib. di approvazione delle tabelle.
Al contrario, secondo l’orientamento di questa Corte, la portata non retroattiva della pronuncia di formazione o di revisione giudiziale delle tabelle millesimali comporta che non possa affatto affermarsi l’invalidità di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore, il che provocherebbe, altrimenti, pretese restitutorie correlate alle ripartizioni delle spese medio tempore operate, in applicazione della cosiddetta “teoria del saldo” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6735 del 10/03/2020; Sez. 2, Sentenza n. 4844 del 24/02/2017; Sez. 3, Sentenza n. 5690 del 10/03/2011; Sez. U, Sentenza n. 16794 del 30/07/2007).
Ora, in tema di revisione e modificazione delle tabelle millesimali, qualora i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto nell’art. 1118 c.c. e art. 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, u.p., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., che attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Ove, invece, tramite l’approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi, compreso quello in esame), non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l’errore il quale, in forza dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l’errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l’appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 1848 del 25/01/2018).
Pertanto, nel caso in disputa, l’impugnazione della Delib. di approvazione delle tabelle millesimali e la domanda volta ad ottenerne la revisione nei casi previsti dalla legge perseguono scopi diversi: la prima uno scopo precipuamente caducatorio, la seconda ha una valenza costitutiva, volta appunto a determinare dei nuovi valori proporzionali, a cui deve attenersi il riparto delle spese, alla stregua dell’effettivo stato dei luoghi.
4.- Con il terzo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c., anche in relazione all’art. 2969 c.c. (recte 2697) e art. 68 disp. att. c.c., per avere la Corte territoriale proceduto alla rettifica giudiziale delle tabelle millesimali in carenza di prova dei relativi presupposti, con la conseguente inammissibilità e/o infondatezza delle domande riconvenzionali spiegate.
E ciò perché non sarebbe stato dimostrato l’errore da cui sarebbe stata affetta la precedente tabella, né la notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, non essendo stata mai fornita la prova dell’esistenza, rispetto all’anno 1975, di modifiche dell’edificio e/o di errori nella redazione delle tabelle, al fine di annullare anche queste, sostituendole con altre.
Gli istanti deducono, sul punto, che la Corte d’appello avrebbe dato una deviante lettura dello stato di fatto esistente nel 1975, con errori percettivi commessi sulla ricorrenza di innovazioni di vasta portata, sicché la fruibilità non sarebbe stata per nulla aumentata, essendovi stata una semplice miglioria nell’accessibilità.
5.- Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione al reale stato e alla reale estensione della proprietà attorea, per avere la Corte di merito fornito un’errata lettura del compendio probatorio in atti, in ordine alla sussistenza di innovazioni di vasta portata nella proprietà attorea, poiché nessuna modifica sostanziale vi sarebbe stata, se non il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio, cambio avvenuto con interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di adeguamento tecnologico, ma aventi una sostanziale finalità di restauro.
5.1.- Tali doglianze possono essere scrutinate congiuntamente, in quanto avvinte da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica.
Esse sono infondate.
5.2.- Si premette che, a norma degli artt. 68 e 69 disp. att. c.c., vigenti ratione temporis, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini. Detti valori, che devono essere ragguagliati in millesimi a quello dell’intero edificio ed espressi in una apposita tabella allegata al regolamento, possono essere riveduti e modificati, anche nell’interesse di un solo condomino: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
In proposito, la parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11290 del 10/05/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 1848 del 25/01/2018; Sez. 2, Sentenza n. 21950 del 25/09/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5942 del 15/06/1998).
Segnatamente, il diritto di chiedere la revisione delle tabelle millesimali è condizionato dall’esistenza di uno od entrambi i presupposti indicati dall’art. 69 disp. att. c.c. (che, nella formulazione, applicabile ratione temporis, anteriore alla L. n. 220 del 2012, richiede un errore ovvero un’alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano), la cui ricorrenza va dimostrata, in base alla regola generale del riparto dell’onere probatorio e quantomeno con riferimento agli errori obiettivamente verificabili, da chi intende modificare le tabelle (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25790 del 14/12/2016).
Ebbene, i presupposti per la revisione sono stati debitamente argomentati dalla pronuncia impugnata. E ciò sebbene, in ipotesi di riunione orizzontale di due parti di un appartamento in condominio, dapprima separate, con la costituzione di due diversi accessi, non si determina alcuna automatica incidenza dell’opera sulle tabelle millesimali ai fini della revisione dei valori delle unità immobiliari, non sussistendo, in tal caso, il presupposto della notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, così come richiesto dall’art. 69 disp. att. c.c., nel testo antecedente alla riforma attuata con la L. n. 220 del 2012, applicabile ratione temporis. In tal caso graverà sull’assemblea l’onere di provvedere a quantificare le spese relativamente alla nuova unità così creata, prima formata da due parti, determinandone i valori proporzionali espressi in millesimi sulla base dei criteri sanciti dalla legge (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15109 del 03/06/2019; Sez. 2, Sentenza n. 13184 del 24/06/2016; Sez. 2, Sentenza n. 1408 del 19/02/1999; Sez. 2, Sentenza n. 9579 del 13/09/1991).
Resta fermo, dunque, che le tabelle millesimali possono essere rivedute o modificate solo in caso di notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. E, del resto, anche la recente riforma del condominio, attuata con la L. n. 220 del 2012, ha riservato la modifica delle tabelle millesimali alle ipotesi in cui, a causa delle mutate condizioni di una parte dell’edificio, sia alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.
Cosicché la tabella che li esprime è soggetta ad emenda solo in relazione ad errori, di fatto e di diritto, attinenti alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari ovvero a circostanze sopravvenute relative alla consistenza dell’edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull’originaria proporzione dei valori (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19797 del 04/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 3001 del 10/02/2010).
Gli errori rilevanti ai fini della revisione delle tabelle, dunque, oltre ad essere causa di apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse, devono essere obiettivamente verificabili (ad esempio: divergenze di estensione della superficie, di piano e simili), restando, di conseguenza, esclusa la rilevanza (ai fini dell’errore) dei criteri soggettivi (ad esempio, d’ordine estetico e simili) nella stima degli elementi necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c. Inoltre, siffatta notevole alterazione del rapporto tra i valori proporzionali non è necessariamente correlata ad una modificazione materiale dello stabile, potendosi anche avere la creazione di un nuovo piano con mantenimento degli originari valori proporzionali. Compete perciò al giudice del merito stabilire, di volta in volta, se il mutamento delle condizioni dei luoghi o le opere realizzate siano tali da implicare la revisione di detti valori e il suo giudizio sul punto, che si concreta in un accertamento di puro fatto, rimane sottratto al controllo di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17391 del 17/06/2021; Sez. 2, Sentenza n. 7300 del 26/03/2010; Sez. 2, Sentenza n. 15094 del 22/11/2000; Sez. U, Sentenza n. 6222 del 24/01/1997).
5.3.- Senonché, nella fattispecie, la pronuncia impugnata ha dato sufficiente contezza della ricorrenza di una “notevole alterazione” dei valori dei piani o delle porzioni di piano per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza delle innovazioni apportate, considerate di vasta portata.
Precisamente, la Corte territoriale ha dato atto che sugli immobili dei ricorrenti e del condomino L* erano stati eseguiti lavori di ristrutturazione con notevoli modifiche, sia in ordine alla consistenza dei beni, sia con riguardo al valore e alla destinazione d’uso. Quindi, ha dato atto delle notevoli modifiche apportate alle unità immobiliari a disposizione dei ricorrenti e della realizzazione di un nuovo accesso, così da creare un unico, ben più ampio, appartamento, destinato non più ad abitazione ma ad ufficio, con conseguente incremento, non solo della fruibilità dei locali, ma anche del valore dell’immobile, specie per la zona sottotetto, per la quale nell’elaborazione delle tabelle millesimali del 1975 erano state applicate sensibili riduzioni, in virtù della situazione di degrado e precarietà in cui all’epoca si trovavano. Ancora, ha evidenziato che negli immobili di proprietà G*- B* era stata effettuata la parziale modifica del sottotetto del fabbricato e le opere eseguite erano consistite nella parziale trasformazione del sottotetto da abitazione in ufficio, con contestuale annessione anche di parte delle superfici comuni (disimpegni, legnaia, soffitte).
Non ha, per l’effetto, un rilievo decisivo il fatto contestato che la creazione di un nuovo accesso sia avvenuta sullo stesso piano e non su un piano diverso.
Anche il collegamento funzionale tra i due locali al piano terra, con conseguente possibilità di accesso alle unità immobiliari attraverso il cortile e l’androne comune condominiale, realizzato da L*, è stato considerato innovazione significativa ai fini del riparto delle spese di gestione del condominio.
5.4.- Ora, la notevole alterazione tra i valori di piano (rispetto alle parti comuni) non si identifica con l’alterazione per più di un quinto di cui alla novella, poiché altrimenti la previsione risultante dalla riforma (che, ai sensi della L. n. 220 del 2012, art. 32 è entrata in vigore a decorrere dal 18 giugno 2013) avrebbe mera natura interpretativa e non già innovativa.
Piuttosto, il riferimento quantitativo di cui alla riforma può costituire un criterio orientativo o di esplicitazione della “notevole” alterazione, spettando comunque il giudizio sulla consistenza del mutamento, ai fini della emenda delle tabelle, alla discrezionalità dell’autorità giudiziaria, che dovrà stabilire quando il divario sia “notevole”.
Il che è accaduto nella fattispecie, senza che peraltro risulti che la revisione delle tabelle sia avvenuta in ragione di un indice di variazione inferiore a quello prescritto dalla novella.
6.- Con il quinto motivo i ricorrenti obiettano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con precipuo riguardo alla circostanza dedotta nel secondo motivo d’appello, secondo cui l’aumento di superficie della proprietà G.- B. sarebbe pari al massimo a mq. 21,57 e non a mq. 90,00, censura sulla quale la Corte adita non avrebbe addotto alcuna spiegazione.
In merito, gli istanti rilevano che, nel calcolo delle superfici, il consulente d’ufficio: a) si sarebbe avvalso di misurazioni commerciali, ovvero comprensive dei muri; b) non avrebbe detratto il 50% delle superfici, come dispone il D.P.R. n. 138 del 1998, allegato C; c) non avrebbe escluso le superfici con altezze inferiori a ml. 1,50.
7.- Il sesto motivo investe, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L.R. Lombardia n. 12 del 2005, art. 63, comma 6, e dell’allegato C del D.P.R. n. 138 del 1998, in relazione all’art. 69 disp. att. c.c., per avere la Corte di merito valorizzato la parte di superficie del secondo piano di proprietà attorea, già destinata a vani accessori delle abitazioni – e rimasti vani accessori, seppure degli uffici e non delle abitazioni -, con conseguente impossibilità di redazione di nuove tabelle giudiziali, stante l’assenza di innovazioni di vasta portata, tali da comportare un aumento dei valori del piano superiore al quinto.
7.1.- Le due censure, che possono essere esaminate congiuntamente, in quanto connesse, sono inammissibili.
Esse, infatti, si traducono in una rivalutazione di aspetti meritali, ossia di accadimenti storici, non sindacabili in questa sede (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).
Tanto più che le disposizioni locali sul conteggio delle superfici, rispondendo ad interessi pubblici e non essendo dirette a regolamentare i rapporti tra privati, non hanno carattere integrativo delle disposizioni del codice civile, con precipuo riguardo alla determinazione delle innovazioni di vasta portata, idonee a implicare una notevole alterazione dei valori dei piani.
8.- Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla refusione, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile

Civile Sent. Sez. 2 Num. 2712 Anno 2023
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: GIANNACCARI ROSSANA
Data pubblicazione: 30/1/2023
(omissis)
FATTI DI CAUSA
D* R* L*, proprietaria di un appartamento sito al sesto piano dello stabile condominiale di Via * a Milano, in virtù di decreto di trasferimento in sede di procedura fallimentare, impugnò la delibera condominiale del 5.12.2010, chiedendo dichiararsi la nullità nella parte in cui erano state approvate le nuove tabelle millesimali nonché il consuntivo della gestione 2011-12 ed il preventivo del 2012-2013.
1.1. Con il medesimo atto, D* R* L* evocò in giudizio il condomino R* G*.
1.2. Il Condominio di Via * si costituì per resistere alla domanda mentre R* G* rimase contumace.
1.3. Il Tribunale di Milano rigettò l’impugnazione sul rilievo che le tabelle condominiali non avessero natura contrattuale e potessero essere modificate con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2 c.c.
1.4. La D* propose appello e dedusse di non aver prestato il consenso alla redazione delle nuove tabelle millesimali, in quanto, nel corso dell’assemblea del 30.11.2011, si era riservata di esprimere il proprio gradimento sulla nomina del tecnico incaricato di redigere le tabelle millesimali.
1.5. La D* contestò che le originarie tabelle allegate al regolamento condominiale non avessero natura contrattuale in quanto il regolamento prevedeva criteri specifici per il riparto delle spese sicché esse non erano modificabili con la maggioranza sancita dall’art. 1136 2 co, c.c.; i contestò l’erroneità delle superfici attribuite alla sua proprietà rispetto a quelle originariamente previste nelle tabelle allegate al regolamento condominiale.
Infine, l’appellante censurò la decisione di primo grado per non avere il Tribunale esaminato i motivi di impugnazione relativi alla mancanza di informazione circa l’oggetto della delibera impugnata nonché per aver erroneamente attribuito la superficie di due cantine e per aver utilizzato il criterio millesimale invece di quello della cubatura per le spese di riscaldamento.
1.6. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 14.7.2017, confermò la sentenza del Tribunale.
1.7. La Corte di merito ritenne che la D* avesse espresso il consenso con ‘voto favorevole’ alla modifica delle tabelle, ponendo la riserva solo sull’individuazione del tecnico.
Con riferimento poi alla natura contrattuale delle tabelle, la Corte rilevava come tale deduzione dovesse essere riferita non già alla delibera impugnata (quella del 5.12.2012) ma alla delibera del 30.11.12, con cui la D* aveva espresso la volontà di modifica delle tabelle, delibera non espressamente impugnata.
In ogni caso, la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estendeva alle tabelle millesimali, la cui finalità era quella di tradurre la proprietà in frazioni millesimali.
Viziata di genericità veniva considerata la doglianza relativa all’eccesso di potere della decisione di primo grado poiché l’appellante non aveva fornito alcun elemento logico-probatorio sì da ritenere che la delibera fosse arbitrariamente e fraudolentemente preordinata al perseguimento di interessi divergenti e volutamente lesivi degli interessi dei condomini; in ogni caso, l’eccesso di potere quale titolo per la caducazione della delibera era stato dedotto per la prima volta in appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c.
Riguardo alle tabelle millesimali annesse al regolamento di condominio, la Corte d’Appello valutò che vi era discrepanza delle risultanze della perizia con i dati relativi alle originali tabelle del 1964, cui conseguiva la necessità di una riforma delle tabelle.
I rilievi dell’appellante sull’erroneità delle nuove tabelle risultavano generici e senza alcuna esauriente indicazione della specifica entità dell’eventuale difformità rispetto alla situazione reale.
Anche la deduzione circa l’incompletezza delle informazioni era generica per non avere la D. allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti.
In relazioni ai subalterni 2) (omogeneità delle tabelle) e 3) (erronea attribuzione delle cantine),le deduzioni erano ripetitive e nuove rispetto a quanto dedotto in primo grado.
2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso D* R* L* sulla base di otto motivi.
2.1. Il Condominio di via * ha resistito con controricorso;
2.2. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
2.3. Il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alessandro Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1136 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte Corte d’appello ritenuto che sussistesse la volontà della ricorrente di modificare le tabelle millesimali, senza tenere conto che nel corso dell’assemblea del 30.11.2011, il consenso alla revisione delle tabelle sarebbe stato espresso a condizione che il tecnico nominato fosse di suo gradimento.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che dovesse essere impugnata la delibera del 30.11.2011, con cui il condominio aveva deliberato di procedere alla redazione di nuove tabelle e non quella, poi del 5.12.2012 di approvazione delle tabelle modificate; al contrario, la lesione del diritto si sarebbe effettivamente determinata con l’individuazione dei millesimi attribuiti.
2.1. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente sono infondati ma la motivazione deve essere corretta.
2.2. La lesione del diritto del condomino sorge con la definitiva approvazione delle tabelle in cui vengono stabiliti i nuovi criteri di riparto delle spese, sulla base dei millesimi attribuiti al singolo condomino sicché non è corretto quanto affermato dalla Corte di merito, secondo cui avrebbe dovuto essere impugnata la delibera dell 30.11.2011, con cui la D* aveva espresso la volontà di modifica delle tabelle.
2.3. Tuttavia, è dirimente osservare, ai fini del rigetto del ricorso, che, come correttamente si afferma nella sentenza impugnata, l’approvazione all’unanimità non era necessaria in quanto la natura contrattuale del regolamento condominiale non si estende alle tabelle millesimali, le cui finalità è quella di tradurre la proprietà in frazioni millesimali (Cassazione civile sez. un., 09/08/2010, n. 18477).
2.4. E’ stato più volte affermato da questa Corte che, in tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2 c.c. (Cassazione civile sez. II, 25/10/2018, n. 27159; Cassazione civile sez. II, 10/03/2020, n. 6735).
2.5. Tale principio è stato affermato con nitidezza nella recente pronuncia delle Sezioni Unite del 14.4.2021, n. 9839, con riferimento sia all’atto di approvazione delle tabelle millesimali che a quello di revisione delle stesse; e’, infatti, sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini.
2.6. Nel caso in esame, non è stato espressamente dedotto che le nuove tabelle derogassero al regime convenzionale di ripartizione delle spese, essendosi la ricorrente limitata ad affermare in via generica che le nuove tabelle erano errate nelle misurazioni concrete e nei presupposti di calcolo.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte d’appello motivato sulla necessità di una delibera totalitaria in presenza della modifica dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e sulla effettiva consistenza delle varie unità immobiliari.
3.1 Il motivo è inammissibile, in quanto, trattandosi di un’ipotesi di doppia conforme, la sentenza non è impugnabile per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 348 ter, comma V c.p.c.
4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione art. 112 c.p.c. e degli artt. 68 e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. per avere la Corte d’appello ritenuto che sussistesse un errore nelle tabelle originarie, errore la cui presenza legittimava la riforma delle tabelle poi impugnate. La Corte di merito non avrebbe considerato che l’errore, qualora sussistente, avrebbe dovuto riguardare tutte le unità immobiliari.
5. Con il settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1135 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. perché la delibera impugnata nella nuova ripartizione millesimale avrebbe attribuito alla ricorrente due cantine invece di quella sola di cui sarebbe proprietaria.
6. Con l’ottavo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 69 delle Disp. Att. Cod. Civ. perché sarebbe stato adottato un errato criterio di ripartizione delle spese.
6.1. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili in quanto la ricorrente contesta accertamenti di fatto svolti dal giudice di merito, insindacabili in sede di legittimità, né il ricorrente allega che vi era stata una modificazione dei criteri di riparto delle spese.
7. Con il quinto motivo di ricorso, deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 68 delle disp. att. c.c., si contesta la decisione della Corte d’appello di attribuire efficacia provvisoria alla delibera.
7.1. Il motivo è inammissibile in quanto è impugnato per cassazione un provvedimento avente natura provvisoria ed interinale.
8. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 66 Disp. Att. Cod. Civ., per avere la Corte di merito erroneamente rigettato il motivo di impugnazione della delibera fondato sulla mancata informazione ai condomini delle nuove tabelle millesimali poiché esse non sarebbero state allegate all’avviso di convocazione dell’assemblea.
8.1. Il motivo è inammissibile per genericità in quanto la ricorrente si limita a contestare la violazione del diritto di informazione senza confrontarsi con l’affermazione della Corte di merito, secondo cui la deduzione circa l’incompletezza delle informazioni era generica per non avere la D. allegato quali fossero gli elementi informativi mancanti.
9. Il ricorso va pertanto rigettato.
9.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
9.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, , va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione