CONDOMINIO – Art. 63 commi 4 e 5 disp.att. c.c. (responsabilità solidale per il pagamento dei contributi in caso di subentro) – Art. 1130 n. 8 c.c. (obblighi di comunicazione della variazione dei dati) – Art. 1130 n. 9 c.c. (diritto di ricevere attestazione sullo stato dei pagamenti e sulle liti in corso)

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LA NORMA:

Articolo 63 Disposizioni Attuazione Codice Civilecomma
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.4
Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.5
Articolo 1130 Codice Civile, Attribuzioni dell’amministratore.comma
L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:
6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonchè ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili;
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Articolo 1130 Codice Civile, Attribuzioni dell’amministratore.comma
L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:
9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; …
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LA GIURISPRUDENZA:

– sulle spese straordinarie

Cassazione civile sez. II 28/04/2021 n. 11199, dalla motivazione:
in tema di riparto delle spese condominiali concernenti lavori di manutenzione straordinaria sulle parti comuni, laddove, successivamente alla Delib. assembleare che abbia disposto l’esecuzione di tali interventi, sia venduta un’unità immobiliare sita nel condominio, i costi dei lavori gravano – secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, che non si siano diversamente accordati tra di loro alla luce di patti comunque inopponibili al condominio – su chi era proprietario dell’immobile compravenduto al momento dell’approvazione di detta Delib., la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione. Nè rileva, in senso contrario, che la vendita sia avvenuta prima dell’approvazione di tutti gli stati di ripartizione dei lavori, ovvero prima che il condomino che aveva approvato la suddetta Delib. abbia assolto integralmente ai propri oneri verso il condominio (Cass. Sez. 2, 09/10/2020, n. 21860; Cass. Sez. 2, 20/05/2019, n. 13505; Cass. Sez. 6 – 2, 22 giugno 2017, n. 15547; Cass. Sez 6 – 2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654).
alla stregua dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2 (nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Come già ricordato, occorre a tal fine distinguere tra spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune, ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, e spese attinenti a lavori che consistano in un’innovazione o che comunque comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio e cagionate da un evento non evitabile con quest’ultima. Nella prima ipotesi, l’obbligazione si ritiene sorta non appena si compia l’intervento ritenuto necessario dall’amministratore, e quindi in coincidenza con il compimento effettivo dell’attività gestionale. Nel caso, invece, delle opere di manutenzione straordinaria e delle innovazioni, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. Da ciò si fa derivare che, verificandosi l’alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all’adozione di una Delib. assembleare, antecedente alla stipula dell’atto traslativo, volta all’esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva, con conseguente diritto dell’acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c.. Dunque, tale momento di insorgenza dell’obbligo di contribuzione condominiale rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, ma sempre che gli stessi (come qui si assume avvenuto dalla ricorrente) non si fossero diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.

Cassazione civile sez. VI 22/03/2017 n. 7395, dalla motivazione:
Dovendosi individuare, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2 al caso in esame, quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni (ristrutturazione della facciata dell’edificio condominiale)”, deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento (30 giugno 2008), avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24654 del 03/12/2010). Questo momento rileva sia per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, sia per accertare l’inclusione del medesimo obbligo nel periodo biennale di responsabilità solidale di entrambi verso il condominio. L’obbligo del cessionario dell’unità immobiliare, invero, è solidale, ma autonomo, in quanto non propter rem, e, piuttosto, costituito ex novo dalla legge in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria dell’organizzazione condominiale; ma il meccanismo del subentro dell’acquirente nei debiti condominiali del suo dante causa opera unicamente nel rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà della singola porzione immobiliare, e non anche nel rapporto interno tra alienante ed acquirente, proprio per la natura personale (e non reale) delle rispettive obbligazioni. Sicchè il compratore risponde verso il venditore soltanto per le spese condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui egli sia divenuto condomino, mentre ha diritto di rivalersi nei confronti del suo dante causa allorchè sia stato chiamato dal condominio a rispondere di obbligazioni nate in epoca anteriore all’acquisto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1956 del 22/02/2000). Il ragionamento seguito dal Tribunale di Catania risulta, perciò, corretto, in quanto è il condominio, il quale invochi in giudizio la responsabilità solidale dell’acquirente di un’unità immobiliare per contributi relativi alla conservazione o al godimento delle parti comuni, ad essere gravato della prova dei fatti costitutivi del proprio credito, fra i quali è certamente compresa l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente.

– anno in corso solare o esercizio

Cassazione civile sez. VI 22/03/2017 n. 7395, dalla motivazione:
L’anno, cui fa riferimento l’art. 63 disp. att. c.c., comma 2 deve, peraltro, essere di sicuro inteso con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, non necessariamente, perciò, coincidente con l’anno solare. La conclusione raggiunta è coerente col principio, elaborato da questa Corte, della cosiddetta “dimensione annuale della gestione condominiale” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7706 del 21/08/1996; ma anche Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 21650 del 20/09/2013), annuali essendo la durata dell’incarico dell’amministratore (art. 1129 c.c.), il preventivo delle spese ed il rendiconto (art. 1135 c.c., comma 1, nn. 2 e 3), e trova conferma in via interpretativa anche dall’art. 1129 c.c., comma 9 introdotto dalla L. n. 220 del 2012, ove si fa espresso riferimento alla “chiusura dell’esercizio”.

– sulla attestazione dell’Amministratore

Cassazione Civile sez. II 19.3.24 n. 7260, dalla motivazione: Il debito solidale per il pagamento dei contributi gravante su chi subentra nei diritti di un condomino, anche, come nella specie, in dipendenza di aggiudicazione forzata conseguente a procedura esecutiva, trova fondamento nell’art. 63, comma 4, disp. att. c.c., il quale pone a carico dell’acquirente un’obbligazione solidale, non “propter rem”, ma autonoma, in quanto costituita “ex novo” dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria del condominio, su cui incombe l’onere di provare l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente. Il condomino acquirente può avvalersi dell’art. 1130, n. 9, c.c., il quale prescrive che l’amministratore deve «fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso». La eventuale inottemperanza di tale obbligo da parte dell’amministratore costituisce grave irregolarità ai fini della eventuale revoca giudiziale (art. 1129, comma 12, n. 7, c.c.), ma non incide sull’accertamento giudiziale della fondatezza della pretesa creditoria azionata dalla gestione condominiale, giacché la consegna dell’attestazione relativa allo stato dei pagamenti non costituisce presupposto per la liquidità, la esigibilità e la prova della morosità da riscuotere. L’art. 1129, comma 9, c.c. obbliga, piuttosto, l’amministratore ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea. Tanto meno il singolo condomino può dirsi titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa, atteso che il pagamento degli oneri relativi trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto di natura contrattuale; pertanto, egli non può sottrarsi al pagamento delle spese relative eccependo, come fa il ricorrente, la mancata disamina della documentazione contabile.

– attuali condòmini e non più condòmini

Cassazione civile sez. II 03.08.2022 n. 24069, dalla motivazione: Le censure sollevate, per il tema affrontato, rendono opportuno il richiamo ad alcune norme e principi che regolano la posizione che viene ad assumere il condomino in conseguenza della vendita della propria unità immobiliare. Può al riguardo partirsi da due affermazioni di carattere generale, più volte ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte, cui sono legate implicazioni e conseguenze giuridiche che meritano di essere a loro volta esaminate e chiarite. La prima è che il condomino che venda la propria unità immobiliare è tenuto al pagamento delle spese di gestione fatte nel periodo in cui era proprietario (Cass. n. 14531 del 2022; Cass. n. 11199 del 2021; Cass. n. 15547 del 2017; Cass. n. 1956 del 2000; Cass. n. 981 del 1998). Il principio è diretta conseguenza della natura propter rem delle obbligazioni che sorgono per effetto di tali spese ed è affermato esplicitamente dall’art. 1123 c.c., oltre a ricevere dirette conferme da altre disposizioni, tra cui quella dettata dall’art. 63 disp. att. c.c., laddove prevede, al comma 4, un’obbligazione solidale autonoma, non propter rem, a carico dell’acquirente per i contributi maturati nell’anno in corso ed in quello precedente la vendita (Cass. n. 21860 del 2020), la quale presuppone l’esistenza di una obbligazione principale a carico dell’ex proprietario, e, al comma successivo, l’obbligo, sempre in via solidale, dello stesso per i contributi maturati fino alla comunicazione all’amministratore dell’atto di cessione del bene. La seconda affermazione è che il condomino che vende non può più considerarsi tale, ma diventa soggetto estraneo al condominio (Cass. n. 23345 del 2008; Cass. n. 9 del 1990). La posizione di condomino è assunta, per effetto della cessione, dal nuovo proprietario. Da tale seconda affermazione discende, quale corollario, che il cedente, non essendo più condomino, non ha alcun titolo per partecipare alle assemblee condominiali né può considerarsi vincolato dalle sue deliberazioni. L’art. 1137 c.c., comma 1, stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini e tale principio comporta, in negativo, che esse non sono vincolanti per coloro che sono estranei alla compagine condominiale. Ne deriva che non ha senso porre il tema, nei confronti dell’ex condomino, della definitività della delibera condominiale per mancata impugnazione, dal momento che questi non può, non avendone la legittimazione, proporla e che, inoltre, le contestazioni che egli dovesse eventualmente sollevare in giudizio nei confronti della stessa sfuggono alla stessa logica della distinzione tra cause di annullabilità e cause di nullità della delibera, che può porsi esclusivamente rispetto alle impugnative proposte dai condomini. Sorge per effetto la questione, posta dal motivo di ricorso in esame, sia pure sotto il profilo dell’onere della prova nel conseguente giudizio promosso dal condominio per il pagamento dei contributi, di delineare la posizione dell’ex condomino a fronte della delibera di approvazione del rendiconto, per le spese che, come sopra precisato, sono a suo carico, in quanto effettuate prima della vendita, ma approvate senza la sua partecipazione, e della correlata posizione del condominio diretta a far valere la propria pretesa nei confronti di chi ne è, come sopra precisato, direttamente obbligato. Sul tema della posizione dell’ex condomino nei confronti dell’assemblea condominiale tenutasi successivamente alla cessione del suo appartamento, si registrano alcune pronunce di questa Corte secondo cui il venditore, non più legittimato a partecipare direttamente alla assemblea, può tuttavia far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi relativi al periodo in cui era proprietario attraverso l’acquirente che gli è subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa, che importa obbligazioni analoghe a quelle derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e di rappresentare e far valere, in esse, anche le ragioni del suo dante causa (Cass. n. 23345 del 2008; Cass. n. 9 del 1990). Al di là delle critiche, sollevate anche dalla dottrina, che possono muoversi a tale ricostruzione, con riferimento in particolare alla sussistenza dei presupposti della figura della gestione di affari, atteso che la mancata partecipazione del venditore all’assemblea ha origine dalla mancanza di un titolo legittimante e non da un impedimento di fatto, si tratta però di pronunciamenti non particolarmente significativi ai fini della soluzione della questione in esame, una volta che si consideri che le decisioni richiamate non si spingono ad affermare che, per effetto della rappresentanza di interessi in assemblea da parte dell’acquirente, la relativa deliberazione abbia efficacia vincolante anche nei confronti dell’ex proprietario. Il richiamato indirizzo sembra quindi porsi nel solco o quanto meno non in contrasto con l’orientamento che disconosce tale efficacia. Si ritine, invece, che la soluzione della questione posta debba muovere dalla considerazione che, come questa Corte ha ripetutamente affermato, l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione e sorge quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta. Con la conseguenza che l’eventuale venir meno della delibera per invalidità non comporta anche l’insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni di fatto erogati (Cass. n. 4672 del 2017; Cass. n. 19519 del 2005; Cass. n. 857 del 2000). Con ciò si vuol dire che, a differenza di quella che approva l’esecuzione di lavori straordinari, che ha valore costitutivo del relativo obbligo di contribuzione (Cass. n. 18793 del 2020; Cass. n. 25839 del 2019; Cass. n. 10235 del 2013), la delibera dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto è innovativa soltanto per la parte che approva il documento contabile, cui la legge riconduce determinati effetti, non con riguardo al suo contenuto, cioè alla rendicontazione delle spese effettuate, nei cui confronti ha un valore ricognitivo o dichiarativo. In tale prospettiva va quindi considerato e valutato il principio secondo cui la delibera assembleare non è vincolante nei confronti di chi, avendo venduto l’immobile ad un terzo, non rivesta più, al momento dell’assemblea, la qualità di condomino. Il fatto che la delibera non sia vincolante per l’ex proprietario si traduce infatti nella possibilità di sollevare avverso di essa contestazioni liberamente, non astrette nel termine ed alle regole che disciplinano l’impugnativa da parte dei condomini ai sensi dell’art. 1137 c.c., ma non significa, per contro, che essa sia del tutto irrilevante nel rapporto di credito e debito tra il condominio e l’ex condomino. Il meccanismo di formazione dei debiti a carico dei partecipanti al condominio, correlato alle spese effettuate per la gestione delle cose comuni dall’amministrazione quale mandatario, e la natura ricognitiva e non innovativa del rendiconto, portano infatti a ravvisare in essa l’atto rappresentativo, conforme al modello legale, delle spese effettuate per la gestione dei beni comuni e dei conseguenti obblighi di contribuzione a carico dei condomini, già sorti in forza dell’attività di gestione. In tali termini la delibera de qua si configura quindi come un documento ricognitivo e quindi rappresentativo che, seppure non vincolante nei confronti dell’ex condomino, nel senso sopra precisato, ha tuttavia un valore probatorio intrinseco del credito vantato dal condominio, suscettibile di valutazione da parte del giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c.. Ne discende che l’ex condomino non può limitarsi a contestare il documento nella sua globalità, deducendo la mera non vincolatività della delibera nei suoi confronti, ma è tenuto a contestare, in relazione al rendiconto approvato, le singole voci di spesa per cui ritiene non dovuti i contributi, restando a carico del condominio, in tal caso, l’onere di provare, in relazione ad esse, il fondamento della propria pretesa. Va disatteso, pertanto, l’assunto del ricorrente secondo cui il condominio avrebbe dovuto provare il credito mediante la produzione in giudizio di tutta la documentazione attestante le spese effettuate, pur in difetto di contestazioni specifiche, adempimento che si configura, altresì, come un onere eccessivo ed esorbitante anche per l’impegno che richiederebbe alle parti ed al giudice nell’attività istruttoria.

– più comproprietari della stessa unità

Cassazione civile sez. II 21.10.2011 n. 21907, dalla motivazione: Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di comunione ordinaria, i comproprietari, come condebitori di un’obbligazione contratta per la cosa comune, sono tenuti in solido nei confronti del creditore, a meno che dal titolo non risulti diversamente, e che ad essi si applica la disposizione generale dell’art. 1294 c.c., la quale non è derogata dalla normativa sulla comproprietà. Secondo Cass., sez. 2^, 5 giugno 1959, n. 1689, l’obbligazione relativa alle spese condominiali incombente sui proprietari prò indiviso di un appartamento ha carattere solidale, sia perchè l’obbligazione stessa viene determinata in funzione della porzione reale dell’immobile, sia perchè i comunisti prò indiviso di una porzione non possono essere considerati direttamente condomini. Nella sentenza di questa seconda sezione 10 febbraio 1970, n. 335, si afferma che “i comproprietari prò indiviso di un appartamento sito in un edificio condominiale non possono essere considerati quali condomini singoli, ma nel loro insieme, e, dunque, non essendo consentita, riguardo il pagamento delle spese condominiali, un’ulteriore divisione, tutti sono unitariamente, e in modo indivisibile, obbligati rispetto il condominio”. A tale conclusione la sentenza giunge facendo leva in particolare: (a) sull’art. 68 disp. att. c.c., il quale prevede che le spese vanno corrisposte con riferimento al valore della singola entità immobiliare, considerata nella sua unitarietà; (b) sull’art. 67 disp. att. c.c., ai cui sensi qualora un piano o porzione di piano appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea condominiale. Alla stessa soluzione perviene Cass., sez. 2^, 21 ottobre 1978, n. 4769, secondo la quale i comproprietari di un appartamento in edificio condominiale sono debitori solidali, verso il condominio, per il pagamento delle spese di cui all’art. 1123 c.c., sicchè l’amministratore del condominio può esigere da ciascuno di essi l’intero ammontare del debito, salvo il regresso del solvens nei confronti dei condebitori, contitolari della stessa porzione di piano. In base a questa sentenza, “la circostanza che di quelle parti immobiliari individua il soggetto sia comproprietario, e non unico titolare, non lo esonera nè gli limita, verso il condominio, il debito. Secondo i principi della solidarietà passiva (art. 1294 cod. civ.), egli è tenuto per la totalità dell’obbligazione, salvo a ripetere dai condebitori (i contitolari delle sue parti immobiliari) la parte di ciascuno di essi (art. 1299 c.c.)”. Da ultimo, il principio è stato ribadito da Cass., sez. 2^, 4 giugno 2008, n. 14813. In un caso – sempre di comunione ordinaria di un appartamento in condominio -nel quale il ricorrente si doleva della condanna al pagamento anche della quota di contributi che andava imputata all’altro comproprietario, questa Corte, nel rigettare la censura, rileva che il motivo non chiarisce “perchè nella specie dovrebbe essere derogato il principio generale di cui all’art. 1292 c.c., secondo il quale la solidarietà si presume nel caso di pluralità di debitori”.

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