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LA NORMA:

Articolo 1131 Codice Civile – Rappresentanzacomma
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.1
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.2
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.3
L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.4
Articolo 1398 Codice Civile – Rappresentanza senza poterecomma
Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.1

LA GIURISPRUDENZA

Sulla rappresentanza sostanziale:

Cassazione civile sez. VI 17.08.2017 n. 20136
dalla motivazione: E’ pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 c.c., comma 4, per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale (si vedano indicativamente Cass. Sez. 2, 21/02/2017, n. 4430; Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865). La delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa. Non rientra tra i compiti dell’amministratore di condominio neppure il conferimento ad un professionista legale dell’incarico di assistenza nella redazione del contratto di appalto per la manutenzione straordinaria dell’edificio, dovendosi intendere tale facoltà riservata all’assemblea dei condomini, organo cui è demandato dall’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, il potere di disporre le spese necessarie ad assumere obbligazioni in materia. Ove siano mancate la preventiva approvazione o la successiva ratifica della spesa inerente tale incarico professionale da parte dell’assemblea, a norma dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, e art. 1136 c.c., comma 4, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore non è sufficiente a fondare l’obbligo di contribuzione dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza nella fattispecie considerata dall’art. 1135 c.c., u.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 02/02/2017, n. 2807). Peraltro, il principio secondo cui l’atto compiuto, benchè irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo a prestazioni relative ad opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera della assemblea di condominio, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., limitando le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservando all’assemblea dei condomini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria (Cass. Sez. 2, 07/05/1987, n. 4232). Nè il terzo, che abbia operato su incarico dell’amministratore, può dedurre che la prestazione da lui adempiuta rivestisse carattere di urgenza, valendo tale presupposto a fondare, in base all’art. 1135 c.c., u.c., il diritto dell’amministratore a conseguire dai condomini il rimborso delle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato. Tanto meno può essere oggetto del sindacato di legittimità l’accertamento del carattere urgente dei lavori straordinari, in modo da sovvertire il diverso apprezzamento di fatto che sia stato compiuto, in base alle prerogative ad essi spettanti, dai giudici del merito. Infine, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all’iniziativa dell’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall’art. 1135 c.c., comma 2, riposa sulla “normalità” dell’atto di gestione rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicchè gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell’assemblea condominiale (Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865). Trattasi, peraltro, di valutazione da compiersi avendo riguardo non alla singola voce di spesa, ma all’intervento complessivamente approvato, sicchè non appare dubitabile che un intervento edilizio per complessivi Euro 232.661,80, quale quello oggetto della vicenda per cui è lite, si connoti come manutenzione straordinaria. Anche l’accertamento della straordinarietà o ordinarietà dell’attività gestoria discende, in ogni caso, dall’apprezzamento di fatto rimesso ai giudici del merito.

Sulla rappresentanza processuale:

– non necessità di autorizzazione per resistere ad azione avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di un’obbligazione assunta per conto dei partecipanti (ivi compreso proporre opposizione a decreto ingiuntivo) e per proporre azione di risarcimento dei danni connessa o conseguenziale alla conservazione di parti o diritti comuni

Cassazione civile Sez. II 10.01.2023 n. 342
dalla motivazione: Ha errato la Corte d’appello di Napoli a ritenere necessarie l’autorizzazione o la ratifica dell’assemblea condominiale ai fini della proposizione del gravame nella causa in esame. A tale conclusione la Corte di Napoli è pervenuta fraintendendo la portata della sentenza n. 18331 del 2010 delle Sezioni Unite di questa Corte, con l’affermazione che “in materia di azioni processuali il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea che deve deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente”. Diverso è il costante insegnamento di questa Corte. Cass. Sez. Unite 6 agosto 2010, n. 18331, affermò che l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo però tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione. Nel ricostruire la portata dell’art. 1131, comma 2, c.c., la sentenza n. 18331 del 2010 precisava che, ferma la possibilità dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente (e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito), non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. E’ certo, inoltre, che trova applicazione al riguardo l’art. 182, comma 2, c.p.c., come modificato dall’art. 46, comma 2, della L. n. 69 del 2009, secondo cui il giudice, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, assegna alle parti un termine perentorio per la regolarizzazione. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti “ex tunc” (Cass. Sez. 6 – 2, 16/11/2017, n. 27236; arg. anche da Cass. Sez. Unite, 04/03/2016, n. 4248). Nel caso in esame,, avrebbe potuto trovare operare l’art. 182, comma 2, c.p.c. nel testo applicabile “ratione temporis” anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009, comunque spiegato da Cass. Sez. Unite 19/04/2010, n. 9217, nel senso che il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto. Tuttavia la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c. Nel caso in esame, doveva considerarsi allora che l’amministratore di condominio non ha necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea per proporre opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di un’obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari (cfr. Cass. Sez. 2, 03/08/2016, n. 16260). Quanto alla domanda risarcitoria qui contestualmente avanzata dal Condominio opponente a decreto ingiuntivo, parimenti doveva riconoscersi la legittimazione dell’amministratore ad agire (e quindi anche quella a proporre impugnazione avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio), senza necessità di autorizzazione dell’assemblea a costituirsi nel giudizio, trattandosi di controversia per danni subiti da bene condominiali, visto che l’amministratore è comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1130, n. 4, c.c. D potere dovere di “compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio”, attribuito all’amministratore di condominio dall’art. 1130, n. 4, c.c., implica, infatti, in capo allo stesso la correlata autonoma legittimazione processuale attiva e passiva, ex art. 1131 c.p.c., in ordine alle controversie in materia di risarcimento dei danni, qualora l’istanza appaia connessa o conseguenziale, appunto, alla conservazione delle cose comuni (Cass. Sez. 2, 29/01/2021, n. 2127; Cass. Sez. 2, 22/10/1998, n. 10474; Cass. Sez. 2, 18/06/1996, n. 5613; Cass. Sez. 2, 23/03/1995, n. 3366; Cass. Sez. 2, 22/04/1974, n. 1154; cfr. anche Cass. Sez. 2, 15/07/2002, n. 10233; Cass. Sez. 3, 21/02/2006, n. 3676; Cass. Sez. 2, 21/12/2006, n. 27447; Cass. Sez. 3, 25/08/2014, n. 18168; Cass. Sez. Unite, 10/05/2016, n. 9449).

– non necessità di autorizzazione per resistere all’azione di impugnazione della delibera dell’assemblea

Cassazione Civile sez. II 27.10.2020 n. 23550
dalla motivazione: … nel solco della previsione dell’art. 1130 c.c., comma 1, n. 1), nella formulazione applicabile ratione temporis (“l’amministratore deve: 1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini (…)”), esplica valenza l’insegnamento secondo cui, in tema di condominio negli edifici, l’amministratore può resistere all’impugnazione della Delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, giacchè l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore (cfr. Cass. 23.1.2014, n. 1451; Cass. 20.3.2017, n. 7095). Evidentemente, se l’amministratore, in tema di impugnazione di delibere assembleari, può senza necessità di autorizzazione alcuna proporre impugnazione avverso la statuizione di prime cure, a fortiori può senza necessità di autorizzazione alcuna resistere all’avversa impugnazione.

– non necessità di autorizzazione per promuovere azione per far valere la garanzia decennale in materia di appalto, e perimetro della legittimazione

Cassazione Civile sez. II 17.4.24 n. 10380
dalla motivazione: … l’art. 1130, n. 4, c.c., che attribuisce all’amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere – dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato; pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all’art. 1130 n. 4 c.c. l’azione di cui all’art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto.

Cassazione Civile sez. II 17.2.20 n. 3846
dalla motivazione: … in tema di condominio, l’amministratore di condominio non può proporre, in difetto di mandato rappresentativo del singolo condomino, l’azione risarcitoria per i danni subiti nell’unità immobiliare di sua proprietà. Secondo questa Corte, infatti, se va riconosciuta “la legittimazione dell’amministratore del condominio a promuovere l’azione di cui all’art. 1669 c.c., a tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivava da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorchè interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese, tale legittimazione non può tuttavia estendersi anche alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva” (così Cass. 22656/2010, richiamata dalla sentenza impugnata). Che poi tale mandato sia invece stato specificamente conferito risulta per la prima volta davanti a questa Corte (la questione non emerge dalla pronuncia impugnata nè il ricorrente deduce di averla in precedenza fatta valere) e in modo generico, non trascrivendo il ricorrente la delibera in cui il mandato sarebbe stato conferito, limitandosi a dire che era stato conferito all’amministratore “il potere di rappresentarli in giudizio”

– ratifica dell’assemblea dell’iniziativa dell’amministratore

Cassazione civile sez. II 07.10.2020 n. 21533
dalla motivazione: è pacifico il principio secondo cui l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131 c.c., commi 2 e 3, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere (come in effetti avvenuto) la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione (Cass., sez. un., n. 18331 del 2010; conf. Cass. n. 2179 del 2011; Cass. n. 12525 del 2018; Cass. n. 8774 del 2020).

– azione a tutela di diritti reali

Cassazione civile sez. II 07.10.2020 n. 21533
dalla motivazione: in tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 c.c., n. 4) possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art. 1131 c.c., comma 1, adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.. Ove si tratti, invece, di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, la legittimazione dell’amministratore trova il suo fondamento soltanto nel mandato a lui conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non anche nel predetto meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale – ad eccezione della (in tal caso equivalente) ipotesi di unanime deliberazione di tutti i condomini – atteso che il potere di estendere il dominio spettante ai singoli condomini in forza degli atti di acquisto delle singole proprietà (come nel caso di specie, relativo a domanda di rivendica proposta dall’amministratore per usucapione di un’area finitima al fabbricato) è del tutto estraneo al meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale e può essere conferito, pertanto, solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini interessati (Cass. n. 5147 del 2003; conf. Cass. n. 8774 del 2020, cit.; Cass. n. 80 del 2015; Cass. n. 14797 del 2014).

– azione di acquisto di diritti per usucapione

Cassazione Civile sez. II 09.11.2020 n. 25014
dalla motivazione: in tema di condominio negli edifici, la proposizione di una domanda diretta non alla difesa della proprietà comune, ma alla sua estensione mediante declaratoria di appartenenza al condominio di un’area adiacente al fabbricato condominiale, siccome acquistata per usucapione, implicando non solo l’accrescimento del diritto di comproprietà, ma anche la proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri ad esso correlati, esorbita dai poteri deliberativi dell’assemblea e dai poteri di rappresentanza dell’amministratore, il quale può esercitare la relativa azione solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino (Cass. n. 21826 del 2013; Cass. n. 5147 del 2003).

– controversie incidenti sull’estensione del diritto di proprietà o comproprietà dei singoli condomini

Cassazione civile sez. II 21.10.2020 n. 22935
dalla motivazione: La tesi sostenuta in ricorso secondo cui la regola del litisconsorzio necessario, nel caso in cui un singolo condomino richieda un accertamento della proprietà esclusiva di un bene invece ritenuto da controparte come condominale, opererebbe solo nel caso di controversie tra singoli condomini, e non anche nel caso in cui sia evocato in giudizio in rappresentanza del condominio l’amministratore, operando in tal caso la legittimazione passiva dettata dall’art. 1131 c.c., è però sconfessata dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, che, superando alcune incertezze pur manifestatesi nel passato, ha invece chiaramente affermato la necessità, ove venga in discussione l’accertamento con efficacia di giudicato della proprietà esclusiva di beni altrimenti condominiali, della partecipazione al giudizio di tutti i condomini. Va al riguardo richiamato quanto di recente affermato da questa Corte (Cass. n. 17022/2019) secondo cui la domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero dell’appartenenza, o meno, di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non va proposta nei confronti della persona che svolga l’incarico di amministratore del condominio medesimo, imponendo, piuttosto, la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario. La definizione della vertenza postula, invero, una decisione implicante un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti fra loro, suscettibile di assumere valenza solo se, ed in quanto, data nei confronti di tutti i soggetti, asseriti partecipi del preteso condominio in discussione (Cass. n. 4697/2020; Cass. Sez. 6-2, 25/06/2018, n. 16679; Cass. Sez. 6-2, 17/10/2017, n. 24431; Cass. Sez. 6-2, 22/06/2017, n. 15550; Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119). Infatti, è stato affermato che (Cass. n. 6649/2017) qualora un condomino, convenuto dall’amministratore per il rilascio di uno spazio di proprietà comune occupato “sine titulo”, agisca in via riconvenzionale per ottenere l’accertamento della proprietà esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la controdomanda sull’estensione dei diritti dei singoli; pertanto, ove ciò non avvenga e la domanda riconvenzionale sia decisa solo nei confronti dell’amministratore, l’invalida costituzione del contraddittorio può, in difetto di giudicato espresso o implicito sul punto, essere eccepita per la prima volta o rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità, con conseguente rimessione degli atti al primo giudice (in senso conforme si veda anche Cass. n. 20612/2017, secondo cui esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore una domanda volta ad ottenere l’accertamento, in capo ad un singolo, della proprietà esclusiva su di un bene altrimenti comune, ex art. 1117 c.c., giacchè tale domanda impone il litisconsorzio necessario di tutti i condomini). Trattasi di una coerente applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 25454/2013, che, sebbene in relazione ad un giudizio che vedeva contrapposti dei singoli condomini, senza anche la partecipazione dell’amministratore, ha affermato che, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti. E’ pur vero che tale principio ebbe una smentita ad opera di Cass. n. 28141/2013, di poco successiva, e pur richiamata dalla difesa dei ricorrenti, che ebbe invece ad affermare che la legittimazione passiva dell’amministratore, prevista dall’art. 1131 c.c., comma 2, ha portata generale, in quanto estesa ad ogni interesse condominiale, e sussisterebbe, pertanto, anche con riguardo alla domanda, proposta da un condomino o da un terzo, di accertamento della proprietà esclusiva di un bene, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini, ma le stesse Sezioni Unite, in motivazione, hanno avuto modo di recente di ritornare sulla questione e con la sentenza n. 10934/2019 al punto 4), nel richiamare le considerazioni sviluppate in Cass. n. 25454/2013, hanno precisato che la regola del litisconsorzio necessario con tutti i condomini opera non solo quando il condomino convenuto eccepisca la proprietà esclusiva formulando apposita domanda riconvenzionale, ma anche nel caso in cui vi sia un’espressa azione volta al riconoscimento della proprietà esclusiva proposta contro il condominio. Ritiene il Collegio che debba darsi continuità a tale orientamento, il che depone per la correttezza della soluzione cui è pervenuta la sentenza gravata, posto che, essendo stata proposta, secondo il suo apprezzamento non contrastato con il motivo di ricorso, una domanda di accertamento della proprietà esclusiva del piano sottotetto (in quanto strettamente ed indissolubilmente correlata all’accertamento del diritto di sopraelevazione vantato dagli attori), ha ritenuto che al giudizio dovessero prendere parte anche tutti i condomini, non essendo sufficiente l’evocazione in giudizio del solo amministratore. In tal senso depone anche la considerazione per cui la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio per “qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio”, ex art. 1131 c.c., comma 2 (come peraltro delineata in Cass. Sez. U., 06/08/2010, n. 18331), non concerne comunque le domande incidenti sull’estensione del diritto di proprietà o comproprietà dei singoli, le quali devono, piuttosto, essere rivolte nei confronti di tutti i condomini, in quanto in tali fattispecie viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale. Non si giustifica quindi la tesi difensiva di parte ricorrente che parte da un’errata ricostruzione dell’attuale orientamento della Corte di cassazione. Il disposto dell’art. 1131 c.c., secondo cui, come detto, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, viene inteso, invero, nel senso che il potere rappresentativo che spetta all’amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sulla estensione del relativo diritto di condominio, affare che rientra nella disponibilità esclusiva dei condomini. In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell’amministratore e dell’assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali, posto che essendo carente del relativo potere di disporne, è perciò sfornito di legitimatio ad causam, oltre che di legitimatio ad processum per difetto del potere di rappresentanza dei singoli partecipanti, esulando la controversia dalle attribuzioni conferitegli dagli artt. 1130 e 1131 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, 14/11/1989, n. 4840; Cass. Sez. 2, 02/10/1968, n. 3064; arg. anche da Cass. Sez. 2, 24/09/2013, n. 21826).


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